Farine integrali.

Per i nostri nonni era sinonimo di povertà; per noi è un alimento particolarmente ricco: è quest’inversione di atteggiamento che spiega il successo del pane “nero” e di tutti gli alimenti integrali in generale, in passato considerati fratelli minori dei prodotti raffinati, oggi invece ritenuti più nobili sul piano nutrizionale. Completi per natura, i cereali coltivati nelle campagne sono spontaneamente integrali e sono composti di tre parti distinte: il cuore è l’endosperma, che fornisce al germe il nutrimento per la crescita e che costituisce oltre l’80% del chicco; poi c’è il germe (ossia l’embrione della pianta), che rappresenta una minima parte del chicco; infine, la parte più esterna è la crusca, che è pari al 14% del chicco. Dato che il germe è ricco di grassi polinsaturi tende facilmente a irrancidire: quindi, eliminarlo consente di conservare più a lungo sia i grani interi che le farine. Ecco perché i cereali appena colti sono sottoposti alla raffinazione, un processo che rimuove germe e crusca, ma che comporta la perdita di gran parte dei nutrienti, perché ogni porzione del cereale contiene sostanze importanti. Essendo più completi, i cereali integrali hanno una composizione nutrizionale più ricca di quella dei cereali raffinati: conservano vitamine del gruppo B, flavonoidi, proteine, fitoestrogeni, antiossidanti e fibra solubile contenuti nella crusca, nonché minerali, vitamina E e altre sostanze antiossidanti racchiuse nel germe. È questa sinergia di sostanze nutritive a determinare gli effetti benefici per la salute dei cereali integrali.

II problema dei pesticidi.
Poiché gli alimenti integrali sono meno trattati e non subiscono processi di raffinazione, è facile immaginare che siano più genuini. In realtà, per la produzione di questi cibi viene impiegato il chicco intero, completo del rivestimento più esterno, quello in cui si fissano i pesticidi e le sostanze chimiche utilizzate durante la coltivazione. Per questo è preferibile scegliere alimenti integrali provenienti da agricoltura biologica, in cui è vietato l’uso di diserbanti, fertilizzanti e altri composti chimici.

L’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione consiglia di portare in tavola ogni giorno i cereali, meglio se integrali. E l’associazione dei cardiologi americani raccomanda che almeno la metà dei carboidrati assunti contenga cereali integrali. A dispetto di queste indicazioni i consumi sono inferiori a quelli raccomandati.

Attenzione ai “falsi”.
La legge italiana stabilisce che si possano etichettare come “integrali” sia gli alimenti prodotti con farina proveniente dalla molitura del grano senza che sia stata asportata la crusca sia quelli ottenuti aggiungendo alla farina raffinata fibre come crusca o cruschello (crusca mista a piccole quantità di farina). Secondo il ministero delle Attività Produttive non è fondamentale come si realizzino gli alimenti integrali: quel che conta è che il prodotto contenga crusca o cruschello in quantità tale da assicurare un significativo apporto di fibre. Ma il tesoro nutrizionale degli integrali non si limita alle fibre: si deve invece alla concomitante presenza di tante altre sostanze, che non sono presenti nelle farine raffinate e che la semplice aggiunta di crusca o cruschello non riesce a reintegrare. La maggior parte della farina integrale in commercio non è altro che la stessa farina raffinata a cui è aggiunta in un secondo momento crusca rimacinata, anch’essa residuo del processo di raffinazione. Siamo quindi di fronte ad una farina che si può considerare doppiamente raffinata e molto dannosa a detta di Franco Berrino, noto oncologo specializzato nel rapporto tra alimentazione e insorgenza dei tumori. Come accorgersi allora di questo escamotage che tanto danneggia noi consumatori convinti di acquistare un prodotto davvero integrale? Basta osservare bene il pane che s’intende comprare: se ha un colore di base chiaro in cui si evidenziano tanti puntini scuri è senz’altro una falsa farina integrale. Il vero pane integrale, infatti, vanta un colore scuro omogeneo.

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